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Condomini: la solidarietà è un dovere

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condominiL’installazione di un ascensore, ma anche di un semplice servoscala, se in molti casi costituisce un intervento che viene pacificamente e serenamente accettato dalla maggioranza dei condomini, in altri casi purtroppo costituisce fonte di conflitti e controversie.

Da una parte vi sono infatti situazioni in cui il superamento delle barriere architettoniche in condominio viene affrontato con serenità e intelligenza da parte di tutti i condomini. In questi casi essi non si limitano solo ad autorizzare le persone direttamente interessate (anziani e disabili) a procedere a proprie spese all’esecuzione dell’opera, ma accettano anche di partecipare alle spese. Questa piena partecipazione e coinvolgimento dei vicini di casa è motivata non solo da ragioni di solidarietà ma anche dall’interesse di accrescere il valore complessivo dello stesso edificio. È infatti evidente come un edificio accessibile e usufruibile da parte di chiunque acquisisca nel tempo un valore maggiore.

Vi sono però anche (purtroppo) situazioni in cui manca questa visione intelligente e sensibile del vivere comune, e quindi ci si trova di fronte a diverse resistenze da parte di quei condomini che, nell’immediato, non avendo problemi motori, ritengono di non avere alcun interesse a effettuare degli interventi sulle parti comuni. Questa mancanza di interesse, oltre a dimostrare una certa ignoranza sui benefici (anche in termini economici) che un edificio accessibile a tutti può apportare all’intera comunità condominiale, si traduce poi spesso in un atteggiamento ostruzionistico e intollerante verso qualsiasi iniziativa tendente a eliminare le barriere sulle parti comuni.

Questo atteggiamento ostruzionistico e intollerante peraltro risulta spesso celato dietro l’utilizzo di alcune norme del codice civile che in ambito condominiale in effetti pongono dei limiti alla possibilità di apportare delle innovazioni finalizzate all’eliminazione delle barriere.

La norma civilistica che viene spesso utilizzata per contestare e contrastare questo tipo di interventi è l’art. 1120 del codice civile (il secondo comma nella versione originale precedente la riforma del condominio del dicembre 2012, il quarto comma nella versione attualmente in vigore). Questo articolo stabilisce che “Sono vietate le innovazioni che possano recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato, che ne alterino il decoro architettonico o che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino.

Si tratta di un limite che peraltro viene espressamente richiamato dalla specifica normativa anti-barriere (Legge 13.1989) non solo nei confronti degli interventi più invasivi e complessi come l’installazione di un ascensore, ma anche nei confronti dell’installazione di opere facilmente rimovibili come ad esempio un servoscala.

Ecco quindi che risulta interessante vedere come negli ultimi anni i giudici abbiano interpretato questo limite non solo in relazione alle controversie sui servoscala, ma anche rispetto alle più complesse controversie relative all’installazione di un ascensore. Infatti i principi affermati in tema di ascensore possono essere applicati anche alle situazioni conflittuali che sorgono dall’installazione di un servoscala.

Tra le molte sentenze pronunciate in questo ambito, ovviamente acquisiscono un rilievo particolare quelle della Corte di Cassazione. E tra le più recenti pronunce di questi ultimi anni della Suprema Corte mi sembra importante evidenziarne una in particolare. SI tratta della sentenza del 25 ottobre 2012 n. 18334. Questa decisione rappresenta un importante precedente che può essere utilizzato come riferimento giuridico per contrastare gli atteggiamenti di insensibilità e intolleranza presenti purtroppo all’interno di alcuni condomini.

Il caso affrontato dalla Cassazione in questa sentenza riguardava un condominio portato in Tribunale da un singolo condomino che contestava l’installazione di un ascensore avvenuta a seguito di una regolare delibera assembleare. Il condomino in primo luogo sosteneva che l’installazione di questo ascensore non avrebbe potuto essere approvata con le particolari maggioranze di favore stabilite dalla specifica normativa anti-barriere visto che nello stabile non viveva alcuna persona anziana o con disabilità. In secondo luogo riteneva che l’intervento sulle parti comuni avrebbe pregiudicato la sicurezza del fabbricato, alterato il decoro architettonico, nonché pregiudicato il suo godimento sulle parti comuni.

In relazione alla prima contestazione la Cassazione ha rilevato come l’accessibilità costituisca un requisito essenziale degli edifici privati, a prescindere dalla concreta appartenenza degli stessi alle persone con disabilità motoria. Pertanto qualsiasi condominio può procedere alla eliminazione delle barriere presenti nelle parti comuni con le maggioranze assembleari più favorevoli previste dalla normativa anti-barriere, anche se nel condominio non vivono persone anziane o con disabilità.

condominiIn relazione alla seconda contestazione, il Giudice di Legittimità ha invece evidenziato come la valutazione del possibile pregiudizio alle parti comuni vietato dall’art. 1120 cod. civ. vada fatta tenendo conto di tutta una serie di principi costituzionali e di diritto internazionale che tutelano i diritti fondamentali dell’individuo e la sua dignità umana.

La tutela della sicurezza del fabbricato, del decoro architettonico e dell’uguale godimento delle parti comuni da parte di tutti i condomini, va quindi di fatto contestualizzata e rapportata alla tutela dei diritti fondamentali degli individui che vivono in condominio, in particolar modo se in condizioni di svantaggio.

Quanto al decoro architettonico, la Cassazione ha evidenziato come nel caso specifico questo intervento non avesse cagionato alcun pregiudizio economicamente valutabile, “tenuto anche conto che l’atrio non aveva pregi particolari” e che l’ascensore non era in alcun modo visibile dall’esterno. Peraltro viene rilevato anche come il pregiudizio estetico incideva solo minimamente sul deprezzamento subito dall’alloggio del condomino dissenziente.

Secondo la Cassazione, quindi, la tutela del decoro architettonico può costituire un limite all’esigenza di accessibilità delle parti comuni solo laddove il suo pregiudizio determini un concreto e apprezzabile deprezzamento dell’intero fabbricato. Diventano pertanto lecite quelle lesioni del decoro architettonico che non cagionino un pregiudizio economicamente valutabile o che, “pur determinando un danno economico, si accompagnino a un’utilità la quale compensi l’alterazione architettonica che non sia grave e di appariscente entità”. È proprio quest’ultima affermazione a costituire un principio giuridico molto importante in tema di eliminazione delle barriere architettoniche all’interno dei condomini. In altre parole la Cassazione in questa decisione ritiene possibile sacrificare l’aspetto estetico dell’edificio, ritenendo legittimo il conseguente danno economico, laddove tale sacrificio sia finalizzato a rendere accessibile le parti comuni. Viene comunque in ogni caso affermato che la lesione del decoro architettonico non deve essere grave e apprezzabile. Questo significa che il decoro architettonico può comunque ancora costituire un limite giuridico alla eliminazione delle barriere laddove venga leso in modo grave. Ovviamente si tratta di valutazioni da fare sui singoli casi. In questo caso la Cassazione ha ritenuto che la lesione della estetica dell’edificio non fosse così grave.

Quanto alla questione della sicurezza, nel caso in esame, il condomino dissenziente aveva sostenuto che l’installazione dell’ascensore avrebbe ridotto l’ampiezza delle scale pregiudicando il passaggio di eventuali mezzi di soccorso. La Cassazione, chiamata a pronunciarsi su questo aspetto, fa un ragionamento molto interessante, evidenziando come, ogni volta che si solleva la questione della sicurezza, occorra effettuare un confronto delle condizioni di sicurezza anteriori al restringimento delle scale con quelle conseguenti alla realizzazione dell’ascensore. Per impedire legittimamente l’installazione di un ascensore o di un servoscala non basta insomma evidenziare un problema di sicurezza, ma occorre evidenziare che tale problema di sicurezza non fosse presente precedentemente.

Quanto infine al limite rappresentato dalla possibile inservibilità all’uso o al godimento delle parti comuni da parte anche di un singolo condomino, la Cassazione evidenzia come il concetto di inservibilità non può consistere nel semplice disagio subito rispetto alla normale utilizzazione delle parti comuni, ma è costituito dalla concreta inutilizzabilità delle stesse.

Nel sancire queste importanti canoni interpretativi dei limiti stabiliti dall’art. 1120 cod. civ., la Cassazione dà grande rilievo al principio di solidarietà condominiale, affermando che “la coesistenza di più appartamenti in un unico edificio implica di per sé il contemperamento dei vari interessi ai fine dell’ordinato svolgersi di quella convivenza che è propria dei rapporti condominiali”.

Questo significa che all’interno dei condomini, gli abitanti sono tenuti giuridicamente a sacrificare in parte i propri interessi laddove vi siano da tutelare i diritti fondamentali delle persone anziane o con disabilità.

La Cassazione in questa decisione ci ricorda infatti come la normativa nazionale e internazionale relativa alle persone con disabilità non si sia limitata a innalzare il loro livello di tutela, ma abbia segnato un radicale mutamento di prospettiva rispetto al modo stesso di affrontare i loro problemi, considerati ora come problemi non solo individuali, ma tali da essere assunti dall’intera collettività.

Questo mutamento di prospettiva promosso dalla normativa e dalla giurisprudenza ha sollecitato e modificato anche la coscienza sociale che si è da poco resa conto dell’esistenza di un dovere collettivo di rimuovere preventivamente ogni possibile ostacolo alla esplicazione dei diritti fondamentali delle persone con disabilità.

Ecco quindi che, già a livello condominiale, i problemi di una persona anziana devono essere affrontati non come il problema di una singola persona, ma come un problema di tutta la comunità condominiale, in un’ottica di solidarietà e di rispetto dei diritti fondamentali di qualsiasi individuo.

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